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Le università, Google, e quello che c'è in mezzo

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view post Posted on 9/11/2020, 21:43
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Negli ultimi mesi ho fatto un cambio di percorso universitario passando dal mondo giuridico a quello medico, e ho avuto modo di riflettere un po' sull'importanza del "conoscere" in sé e per sé, dal punto di vista nozionistico possiamo dire, e sul ruolo delle università e delle varie porte che si sono aperte per chi ha intenzione di studiare un particolare argomento. So che chi segue questo blog frequenta/ha frequentato studi come filosofia o informatica, e che quindi avranno un approccio e delle esperienze presumo diverse dalle mie.

Credo che per far partire un'utile discussione in merito sia importante far capire il mio punto di vista sulla questione. Ho ambito principalmente a due lavori : il magistrato e il medico. Si tratta di due percorsi universitari lunghi, rigidi, nei quali il cambiamento non è ben visto; parlerò del secondo, che nonostante io abbia appena cominciato ho avuto modo di farmene raccontare le sue peculiarità e i suoi principali problemi, e descrive meglio il fulcro del discorso.

Come il classico stile italiano impone, l'approccio è totalmente teorico, il tirocinio ricopre una piccola parte del monte orario, e consiste nel fare veramente poco : si dice che "si reggono i muri". Il problema principale è che ci si trova dal punto di vista pratico, di manualità pura, molto indietro rispetto ai colleghi di altri paesi, persone con cui ho parlato che hanno poi fatto specializzazione all'estero hanno notato, e gli è stata fatta notare, difficoltà che poi sono state recuperate nei mesi successivi. Questo approccio totalmente teorico porta al fatto che la specializzazione è praticamente obbligatoria, un medico neolaureato sa fare (e può legalmente fare) molto poco, da qui nascono le difficoltà a trovare medici da assumere. Negli UK è diverso : un medico senza specializzazione può lavorare con l'NHS, con un contratto da libero professionista, negli ospedali e nei pronto soccorso. Chi preferisce il sistema italiano ti dirà che la parte pratica ci metti pochi mesi a impararla, quella teorica no, e che nel dubbio "ci sono sempre gli infermieri".

Durante una esercitazione ho avuto una chiacchierata con un medico d'emergenza/urgenza del 118 e mi ha raccontato un evento che mi ha fatto particolarmente riflettere : ambulanza, vano sanitario, trasporto in ospedale in codice giallo 2 (non in emergenza), un familiare del paziente a cui era stato consentito entrare in ambulanza con il personale, mentre il medico parlava con i soccorritori e dava indicazioni, lui cercava su google, cercando di non farsi neanche troppo vedere, i termini di cui non conosceva il significato. Da questo fatto ne è partita una conversazione che andava a constatare il fatto che, nella cosiddetta "golden age of content", il ruolo del medico cambia nella misura in cui non è più il suo conoscere in sé e per sé ad attribuire valore alla sua professione; non esiste più il "l'ha detto il medico quindi è così", le persone hanno accesso attraverso internet a un mondo di informazioni incredibile, alcune sbagliando si fanno delle diagnosi da sole o le fanno a parenti, e il medico deve imporre il ruolo della sua professione con qualcosa che vada al di fuori del termine tecnico. Allora ha senso continuare a dire ad un paziente "volume ipertrofico" invece di "più grande"?

Qualche mese fa diversi giornali italiani avevano titolato qualcosa come "L'università di Google rende obsolete quelle tradizionali", ovviamente alcuni giornali non si smentiscono mai con i loro titoli, ma la notizia che le aziende comincino a interessarsi al mondo dell'istruzione non è a mio parere da sottovalutare, qua la notizia viene spiegata meglio. Sicuramente il mondo dell'istruzione superiore "tradizionale" (andiamo a definire con questo termine quello pubblico) ha bisogno, in questo momento, di andarsi a chiedere cosa stanno offrendo oltre le nozioni in sè : un modo di vedere il mondo, di ragionare, di analizzare, di connettere? Nonostante le lauree che hanno uno specifico valore legale a loro collegato, come quelle da me indicate ma ce ne sono molte altre, possano in qualche modo esimersi (e lo fanno molto rapidamente) da questo genere di autocritica, le altre come quelle umanistiche, informatiche etc.. non ne possono, a lungo termine, scamparne. L'Italia, tra le altre cose, è in Europa la penultima per percentuale di giovani laureati, forse anche per il tipo di tessuto produttivo ed economico che caratterizza il nostro paese, forse anche per questa difficoltà, più presente qui che in altri paesi, delle università a innovarsi e a "spiegarsi" ai giovani.

Per riassumere questi quattro paragrafi scarsi : una volta scelto di studiare un particolare argomento, la scelta universitaria è stata dettata più dalla necessità del titolo in sé o era effettivamente lo strumento più utile alla conoscenza? Verso quale direzione cambierà il sistema universitario secondo voi? E se non è stata l'università la vostra scelta, studiare/imparare da soli vi ha reso più preparati? Sicuramente una discussione in merito sarà particolarmente arricchita da chi ha frequentato percorsi come le scienze umane o informatica (ambito da quel che mi sembra di capire particolarmente noto per il "self-made")
 
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3 replies since 9/11/2020, 21:43
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view post Posted on 11/11/2020, 02:09
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Articolo molto interessante :fifi:
Ti posso assicurare che spesso anche io ho la mania di cercare su Google qualsiasi cosa, anche se fortunatamente nel mio caso non è mal vista come cosa.
La questione della laurea di Google l'avevo sentita e mi sembrava una cosa interessante da un certo punto di vista, ma con molta criticità dall'altra:
Io ho una laurea in Informatica e purtroppo non è troppo riconosciuta anche perché come dici tu vi è spesso questa concezione che l'Informatica la impari smanettando, che in parte è vero, ma non totalmente.
Ma soprattutto l'esperienza conta di più della laurea in un curriculum, quindi l'operazione che ha fatto Google ha senso: anche se ti prendi la laurea valida solo per Google, ti basta qualche anno di esperienza lì dentro per avere molte più opportunità che con la tua laurea statale :asd:
Però secondo me l'università non è solo una questione di "trovare lavoro", ma anche imparare a fondo la tua materia e sviluppare un pensiero critico su quello che fai.
In particolare noi informatici abbiamo moltissime responsabilità per quello che progettiamo visto che la tecnologia può avere un impatto sociale enorme (vedi i Social Media ad esempio) ed è quindi un nostro dovere anche saper usare in modo consapevole e critico i prodotti forniti dalle varie aziende come Google.
Capisci che lasciare la formazione ad un'azienda privata potrebbe creare un conflitto di interessi dove

1) Google ti mostra solo ciò che ti vuole mostrare
2) Non ti insegna a ragionare in modo critico, ma a pensare che il giusto stia nel perseguire gli obiettivi della sua azienda.

Inoltre non ti da una formazione piena, ma ti insegna solo ciò che serve alla sua azienda e quindi è una sorta di apprendistato spacciato per "sostituto dell'università" :asd: all'università si imparano anche tante cose che poi nel lavoro molto difficilmente guarderai però servono per darti una conoscenza più ampia e saperti poi muovere meglio all'interno del tuo settore.

Purtroppo l'Italia ha un tessuto economico fatto di piccole e medie imprese che tendono a essere poco propense a investire in ricerca e sviluppo e molti imprenditori pensano che gli universitari sono bravi solo a fare le equazioni, ma al tempo stesso non sembra esserci una forte volontà da parte delle università di andare incontro alle aziende.
Sicuramente bisognerebbe adottare un approccio aziendale all'interno dell'università dove si cerchi di arrivare più al risultato senza perdersi in troppi dettagli.
Ci ritroviamo università altamente teoriche e complesse che comportano maggiori anni di studio per poi andare nel mondo del lavoro e sentirsi dei rincoglioniti oltre a non essere molto riconosciuti.
Ma il problema è sempre dovuto al fatto che università e aziende in Italia non hanno questo gran rapporto, in Germania dovrebbe essere una storia molto diversa.
 
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view post Posted on 11/11/2020, 12:27
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CITAZIONE
Io ho una laurea in Informatica e purtroppo non è troppo riconosciuta anche perché come dici tu vi è spesso questa concezione che l'Informatica la impari smanettando, che in parte è vero, ma non totalmente.

Probabilmente perchè nella testa di molte persone è ancora catalogato come un lavoro più manuale che teorico, andando a trascurare tutta la parte teorica che porta a trovare il modo in cui risolvere il problema, quale sia la soluzione tecnicamente migliore etc. Mi viene in mente un altro esempio che secondo me è più simile di quanto sembri (sempre nell'ambito sanitario, scusate asd) : solo da poco per diventare infermieri è necessaria la laurea, prima serviva solamente un diploma, e molte volte si sente dire "è necessaria la laurea per fare un prelievo?" che secondo me è paragonabile a un "serve una laurea per scrivere due righe di codice?"
CITAZIONE
Inoltre non ti da una formazione piena, ma ti insegna solo ciò che serve alla sua azienda e quindi è una sorta di apprendistato spacciato per "sostituto dell'università" :asd: all'università si imparano anche tante cose che poi nel lavoro molto difficilmente guarderai però servono per darti una conoscenza più ampia e saperti poi muovere meglio all'interno del tuo settore.

Diciamo che secondo te c'è questa dicotomia fra l'università considerata come strumento di conoscenza più "alta", utile anche fuori dall'ambiente produttivo, lavorativo o economico, e invece quello che in italia si chiamerebbe "corso professionalizzante". Secondo me sarebbe veramente molto interessante capire se il bacino di iscritti venga preso fra quelli che volevano iscriversi all'università e invece optano per questo corso, o chi proprio non considerava l'opzione universitaria e ha trovato questo corso l'opportunità più adatta.
CITAZIONE
Ma il problema è sempre dovuto al fatto che università e aziende in Italia non hanno questo gran rapporto

Sono d'accordo. Credo che questo ragionamento si possa anche applicare all'istruzione di secondo grado, dove però si distinguono i tecnici professionali che invece molte volte riescono a formare propria la figura che le aziende richiedono (molte volte si ricevono proposte di lavoro dalle aziende in cui si va per far pratica proprio durante gli anni di itis)
 
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view post Posted on 18/11/2020, 21:01
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Probabilmente perchè nella testa di molte persone è ancora catalogato come un lavoro più manuale che teorico, andando a trascurare tutta la parte teorica che porta a trovare il modo in cui risolvere il problema, quale sia la soluzione tecnicamente migliore etc. Mi viene in mente un altro esempio che secondo me è più simile di quanto sembri (sempre nell'ambito sanitario, scusate asd) : solo da poco per diventare infermieri è necessaria la laurea, prima serviva solamente un diploma, e molte volte si sente dire "è necessaria la laurea per fare un prelievo?" che secondo me è paragonabile a un "serve una laurea per scrivere due righe di codice?"

Azzeccatissimo!
Per scrivere due righe di codice non ci vuole una laurea, ma se bisogna progettare il sistema informatico delle ferrovie o di un aereo, di sicuro non lo farei fare ad un perito :asd:
La differenza fra scuola e università per me è stata la seguente:
La scuola mi dice che devo arrivare al risultato, l'università mi dice il come e in quel come ci stanno molte cose.
L'università mi ha insegnato bene l'idea per cui un elaboratore ha risorse limitate e potresti avere due algoritmi che arrivano allo stesso risultato, ma il primo potrebbe metterci 2 secondi, il secondo 100 anni :asd:

CITAZIONE
Diciamo che secondo te c'è questa dicotomia fra l'università considerata come strumento di conoscenza più "alta", utile anche fuori dall'ambiente produttivo, lavorativo o economico, e invece quello che in italia si chiamerebbe "corso professionalizzante". Secondo me sarebbe veramente molto interessante capire se il bacino di iscritti venga preso fra quelli che volevano iscriversi all'università e invece optano per questo corso, o chi proprio non considerava l'opzione universitaria e ha trovato questo corso l'opportunità più adatta.

Sì, ovvio che se fai Medicina o facoltà sanitarie le fai in un percorso integrato che poi ti porta ad ottenere il lavoro, ma nelle altre facoltà non è così.
Lo sbocco naturale dell'universitario è il ricercatore, non il lavoro aziendale, infatti i docenti universitari sono tutti ricercatori che cercano di spiegarti il metodo che usano nel loro lavoro.
Questo vale soprattutto alla laurea magistrale dove i professori integrano loro progetti di ricerca con ciò che ti spiegano durante il corso.
Secondo me l'università è in realtà qualcosa di molto "aristocratico" o almeno era nata così: esiste da secoli ma fino a pochi decenni fa ci andavano solo persone molto benestanti.
La sua idea è quella di sviluppare una approfondita conoscenza del sapere svincolandola da interessi economici (come quello delle aziende), solo che ora l'università ha cominciato ad essere molto frequentata anche da persone non benestanti ed è chiaramente intesa non come uno strumento di prestigio personale, ma come un mezzo per trovare lavoro.
Fino a qualche anno fa avere una laurea significava avere un lavoro sicuro ben retribuito, oggi invece no, in parte perché è aumentata l'offerta di persone con laurea che hanno abbassato la potenza di trattativa del laureato, ma in altra parte perché vi è stato un fraintendimento sul ritenerla un'istituzione che ha come unico obiettivo quello di prepararti a lavorare in azienda.

CITAZIONE
Sono d'accordo. Credo che questo ragionamento si possa anche applicare all'istruzione di secondo grado, dove però si distinguono i tecnici professionali che invece molte volte riescono a formare propria la figura che le aziende richiedono (molte volte si ricevono proposte di lavoro dalle aziende in cui si va per far pratica proprio durante gli anni di itis)

Ti confermo la cosa, io ho fatto l'ITIS e diversi nella mia classe hanno trovato lavoro nel luogo dove hanno fatto l'alternanza scuola-lavoro.
L'ITIS ha un approccio molto aziendale e molti miei amici sono riusciti a trovare lavori decenti anche senza avere una laurea.
Oltre al fatto che se studi bene ti puoi fare un'ottima formazione.
Onestamente io penso che fare solo l'università di Informatica senza aver fatto l'ITIS è un'esperienza decisamente incompleta.
Io le mie ossa me le sono fatte all'ITIS dove ho imparato a programmare e come funzionano le reti e i sistemi operativi.
All'università ho solo integrato la parte di Matematica, mentre di Informatica ho solo approfondito quello che già conoscevo.
La differenza però è che dall'ITIS sono uscito che SAPEVO FARE le cose, mentre dall'università sono uscito che SAPEVO le cose.
Ad esempio sulle reti all'ITIS ho imparato a progettare delle reti e volendo se mi ci dedicassi sarei in grado di progettartene una e conosco pure un software per simulare il suo funzionamento, mentre all'Università solo gran nozioni teoriche e un esame imbarazzante dove avevi già dei codici pre confezionati e tu dovevi solo fare delle modifiche
 
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3 replies since 9/11/2020, 21:43   255 views
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